L'anatema di Redfoo è giunto al termine. I problemi fisici sono
scomparsi. La condizione atletica è tornata quella. Chiaramente sono
valutazioni che valgono solo per il contingente, e sono fortemente foraggiate
dall'entusiasmo folle del momento, ma sì, Vika sembra tornata lei, e Dio solo
sa da quanto tempo speravamo di scriverlo.
Unica tennista in grado di far soffrire Serena per davvero
negli ultimi anni; unica a tenerla sul piano della personalità; unica a farla
traballare nelle sue certezze fino a batterla in contesti molto importanti,
fino ad andare vicinissima all'impresona nel drammatico terzo set del 2012
nella finalissima dell'Arthur Ashe, la valchiria bielorussa si era da allora
sempre più smarrita in un vortice di sentimenti già devastanti al momento dell'acme e culminati in una critica depressione, prima umana e poi tecnica, al momento
dell'abbandono subìto dal giullare californiano. Vika non era più
stata lei già dall'autunno del 2013, quando si era improvvisamente smarrita
nell'autunno asiatico, perdendo male due brutti primi turni prima di ritirarsi
addirittura dal master di Istanbul, chiudendo in anticipo e con mille punti
interrogativi la stagione. I due anni
successivi erano funestati dagli infortuni, anche se verrebbe da pensare a un
processo di involuzione spirituale che impediva a Viktoria di reagire alla cosiddetta
malasorte: si trascinava così tra pochi tornei, molti ritiri e scarsi
risultati, che facevano pensare e scrivere a molti che la parabola della due
volte campionessa in Australia fosse in irreversibile declino.
Qualcosa è scattato, qualcosa doveva scattare. Ma il momento
in cui a scattare è la scintilla della riscossa è semplicemente impossibile da
prevedere. Alla Azarenka è successo all'inizio della preparazione, nel dicembre
appena passato. Si è guardata allo specchio e ha subito capito che per tornare
ai suoi massimi la preparazione sarebbe dovuta essere feroce, inaudita. E
Viktoria è tornata Viktoria. Ha affrontato la prima parte d'inverno con
cattiveria estrema, spendendo dieci, forse dodici ore al giorno tra campo, palestra
e strade lunghe innumerevoli chilometri corse rabbiosamente per sconfiggere
uno dei nemici più cattivi degli ultimi anni: i chili di troppo. Preparata,
pronta, concentrata come non le accadeva da tempo ha preso un volo diretto alla
Gold Coast, e ha deciso che lo scettro della sfidande di chi sapete bene doveva
tornare a essere suo.
Nessuno sa se le cose andranno come Vika e, diciamocelo,
molti di noi sperano, ma l'inizio è stato eufemisticamente incoraggiante. La
Azarenka ha letteralmente dominato il primo premier dell'anno, bastonando una
dopo l'altra Vesnina, Bonaventure, Vinci, Crawford e, in finale, nel match dal
coefficiente di difficoltà più elevato, Angelique Kerber, lasciando meno di quattro
giochi di media a partita alle avversarie e dando l'impressione di poter
decidere le sorti di ogni singolo punto. E' forse vero che il fato le ha dato
una mano, togliendole di mezzo una Halep sedicente infortunata, ma siamo
convinti che in quel match di secondo turno la favorita non sarebbe stata la
romena.
Non possiamo e non vogliamo prevedere il futuro, ma se il
buongiorno si vede dal mattino la campagna down under di Vika dovrebbe
regalarle discrete soddisfazioni , e il suo ritorno ai vertici della WTA potrebbe
essere la buona notizia che che tutti gli aficionados aspettavano con ansia:
Vika è tornata, e può salvare il circuito femminile dalla noia.