sabato 9 gennaio 2016

Rieccoti, Vika. Ora tocca a te.






L'anatema di Redfoo è giunto al termine. I problemi fisici sono scomparsi. La condizione atletica è tornata quella. Chiaramente sono valutazioni che valgono solo per il contingente, e sono fortemente foraggiate dall'entusiasmo folle del momento, ma sì, Vika sembra tornata lei, e Dio solo sa da quanto tempo speravamo di scriverlo. 

Unica tennista in grado di far soffrire Serena per davvero negli ultimi anni; unica a tenerla sul piano della personalità; unica a farla traballare nelle sue certezze fino a batterla in contesti molto importanti, fino ad andare vicinissima all'impresona nel drammatico terzo set del 2012 nella finalissima dell'Arthur Ashe, la valchiria bielorussa si era da allora sempre più smarrita in un vortice di sentimenti già devastanti al momento dell'acme e culminati in una critica depressione, prima  umana e poi tecnica, al momento dell'abbandono subìto dal giullare californiano. Vika non era più stata lei già dall'autunno del 2013, quando si era improvvisamente smarrita nell'autunno asiatico, perdendo male due brutti primi turni prima di ritirarsi addirittura dal master di Istanbul, chiudendo in anticipo e con mille punti interrogativi la stagione.  I due anni successivi erano funestati dagli infortuni, anche se verrebbe da pensare a un processo di involuzione spirituale che impediva a Viktoria di reagire alla cosiddetta malasorte: si trascinava così tra pochi tornei, molti ritiri e scarsi risultati, che facevano pensare e scrivere a molti che la parabola della due volte campionessa in Australia fosse in irreversibile declino.

Qualcosa è scattato, qualcosa doveva scattare. Ma il momento in cui a scattare è la scintilla della riscossa è semplicemente impossibile da prevedere. Alla Azarenka è successo all'inizio della preparazione, nel dicembre appena passato. Si è guardata allo specchio e ha subito capito che per tornare ai suoi massimi la preparazione sarebbe dovuta essere feroce, inaudita. E Viktoria è tornata Viktoria. Ha affrontato la prima parte d'inverno con cattiveria estrema, spendendo dieci, forse dodici ore al giorno tra campo, palestra e strade lunghe innumerevoli chilometri corse rabbiosamente per sconfiggere uno dei nemici più cattivi degli ultimi anni: i chili di troppo. Preparata, pronta, concentrata come non le accadeva da tempo ha preso un volo diretto alla Gold Coast, e ha deciso che lo scettro della sfidande di chi sapete bene doveva tornare a essere suo.

Nessuno sa se le cose andranno come Vika e, diciamocelo, molti di noi sperano, ma l'inizio è stato eufemisticamente incoraggiante. La Azarenka ha letteralmente dominato il primo premier dell'anno, bastonando una dopo l'altra Vesnina, Bonaventure, Vinci, Crawford e, in finale, nel match dal coefficiente di difficoltà più elevato, Angelique Kerber, lasciando meno di quattro giochi di media a partita alle avversarie e dando l'impressione di poter decidere le sorti di ogni singolo punto. E' forse vero che il fato le ha dato una mano, togliendole di mezzo una Halep sedicente infortunata, ma siamo convinti che in quel match di secondo turno la favorita non sarebbe stata la romena. 

Non possiamo e non vogliamo prevedere il futuro, ma se il buongiorno si vede dal mattino la campagna down under di Vika dovrebbe regalarle discrete soddisfazioni , e il suo ritorno ai vertici della WTA potrebbe essere la buona notizia che che tutti gli aficionados aspettavano con ansia: Vika è tornata, e può salvare il circuito femminile dalla noia.