venerdì 31 luglio 2015

Il futuro è Donna.


Donna Vekic ha vinto a Kuala Lumpur il primo titolo di una carriera ancora verdissima e dagli orizzonti presumibilmente sconfinati, inaugurando una privata sala dei trofei che promette di diventare molto affollata, se l'ambizione ed il talento lieve della diciassettenne croata d'albione andranno d'amore e d'accordo negli anni a venire. Ha vinto battendo Dominika Cibulkova, neo top ten e neo finalista slam; una delle signore più in forma del circuito, insomma, riuscendo ad avere la meglio al termine di un match dall'andamento un pizzico bizzarro, se mi concedete l'eufemismo. Dominika vinceva un primo set tirato, al dodicesimo gioco, che sembrava la naturale premessa all'ovvio trionfo della giocatrice più forte e più esperta. Niente da fare, perché Donna, dopo esser scappata sul tre a uno nel secondo parziale, veniva rimontata, ma dimostrava nervi d'acciaio nell'accompagnare l'ostica avversaria verso un finale punto a punto, ribaltando infine a proprio favore il risultato del primo set. Il terzo e decisivo parziale ci regalava la conferma, qualora ce ne fosse ulteriore necessità, che Vekic non è una diciassettenne qualsiasi. Il furore giovanile le permetteva di far fruttare al massimo l'entusiasmo per la vittoria del secondo set, ed in poco più di venti minuti eccola pronta a servire per il neonato torneo malese nato sulle ceneri dei diritti sportivi appartenuti al glorioso appuntamento palermitano. Donna si issava sul cinque due, quaranta a quindici, trovandosi a poter gestire due palle per il match, ma qui la sensazionale maturità della tennista nativa di Osijek doveva fare i conti con un normalissimo tremolio del braccio destro, che la obbligava a cedere il servizio e a tenere in partita "cipollotta". La delusione per non aver sfruttato la ghiotta occasione faceva il resto, e la famelica slovacca si avventava su quella che sembrava diventata una tenera preda, vincendo quattro games filati e costringendo Vekic a servire per salvare il sogno. Ma proprio quando tutti gli indicatori portavano a credere che i games di fila sarebbero stati cinque e che ad alzare il trofeo sarebbe stata Dominika, arrivava l'incredibile reazione della croata, che teneva il turno di battuta garantendosi un tiebreak poi giocato in mondo sontuoso, e vinto per sette punti a quattro.

Donna comparì come una cometa sul finire dell'estate del duemiladodici, a Tashkent. La vidi, appena sedicenne, travolgere alcune giocatrici prima di cedere la finale ad Irina-Camelia Begu. Tra Keys, Puig, Muguruza, Townsend e Robson, le facce nuove del circuito, insomma, Vekic mi era subito sembrata quella con le migliori prospettive: gran fisico, personalità apparentemente di granito, "punch" ed ottimo servizio. Tra i normali alti e bassi della crescita teenageriale, a Donna era scappata nel frattempo un'altra finale, ceduta a "gambissima" Hantuchova nell'acquitrino di Birmingham, l'anno scorso. In qualche modo Donna oggi si è presa una discreta rivincita sulla Slovacchia, e il glorioso risveglio di domani sarà accompagnato dal best ranking, non lontano dalle prime cinquanta tenniste del mondo. Mi prendo un discreto rischio, lo so, ma ipotizzerei una duratura residenza tra le dieci in tempi che potrebbero non essere necessariamente lunghi.

WTA KUALA LUMPUR (finale)

La lunga strada di Camila.


Non ce l'ha fatta Camila, a trasformare la giornata di ieri nella domenica delle prime volte. Ci è andata vicino, le è mancato solo il colpo di reni, ma la vittoria di Caroline Garcia a Bogotà è rimasta l'unica "prima" del weekend. Magnifico torneo, per la figlia di paròn Sergio, comunque. La splendida Cami ha mostrato per tutta la settimana una continuità tennistica che in pochi le sospettavano, riconducendo il proprio gioco dinamitardo nel recinto di una logica ragionata, se non ancora completamente razionale, evitando di spingere sempre il proprio potentissimo cannone a più non posso. Battendo avversarie non di primissima fascia, magari, se si eccettuano una Vinci comunque in crisi piuttosto nera e una Suarez Navarro che certo non riponeva nel velocissimo play-it di Katowice le proprie migliori speranze di successo, ma va considerato che le partite, Giorgi, spesso le perde a prescindere da chi trova dall'altra parte del net. Del resto, se batti Sharapova in Australia e, meno di due mesi dopo, perdi dalla Diyas al primo turno delle qualificazioni di Miami, la tesi non può essere del tutto errata.

Più che una questione di testa, che Camila sembra per la verità avere piuttosto solida, l'ostacolo che finora ha impedito all'argentina di Macerata di ottenere i risultati che, con quel tennis, tutti si attendono da lei, sembra attenere ad una questione di scelte. Scelte che in carriera, finora, erano cadute sempre sulla ricerca del vincente ad ogni costo, del rischio massimo, del colpo di mortaio più devastante, anche quando non era necessario. Con Camila è tutto bianco o tutto nero come in Uomini e No; alcune sfumature di grigio si sono iniziate ad intravedere in Polonia. Un luogo quasi magico, Katowice, per la tennista azzurra, che proprio nel capoluogo dell'Alta Slesia conquistò il primo titolo Itf della carriera. Ieri stava per arrivare anche il primo alloro nel tour maggiore, al termine di uno psicodramma clamoroso, ma le è mancato un punto.

Fu drammatico in Australia, a gennaio, ed è stato drammatico ieri. Se la vicenda si arricchirà di nuovi episodi futuri, Giorgi - Cornet potrebbe presto diventare un classico del lirismo tennistico. Camila perdeva in volata un primo set giocato con senno e poca paura di sbagliare, contro un'avversaria che, ricordiamolo, lo scorso ventidue febbraio eliminava Serena Williams in semifinale a Dubai, dunque maggiormente pronta a certi picchi di tensione. A questo punto la sconfitta, da possibile, diventava molto probabile, ma nessuno si aspettava che si sarebbe realizzata in quel modo. Nel secondo, la Giorgi andava sotto di due break, salvo poi vincere incredibilmente il set per sette giochi a cinque, infiggendo vincenti a ripetizione nel vuoto mentale in cui, giallognola in volto, era incappata una sconvolta Cornet. Un set per parte, dunque, e giunti all'ultimo chilometro il Dio del tennis decideva che il parziale più importante del torneo non poteva essere banale. L'abbrivio preso dalla Cornet era l'inquietante copia-carbone dell'inizio del set precedente, ed in dieci minuti la tennista nizzarda si trovava di nuovo sul tre a zero, di nuovo con due break di vantaggio. A Camila, eroica, riusciva una nuova spaventosa rimonta, fino al punto in cui, nel decimo gioco, sul cinque a quattro per la marchigiana, Alizé le serviva la palla del match. Ma la favola rivelava un finale amaro, e la risposta di rovescio rimaneva impigliata nelle rete insieme ai suoi sogni di gloria. Nel gioco successivo, infatti, Giorgi denunciava tutti i limiti nell'approccio alla rete divorando una comoda volèe, cedendo il servizio e subito dopo il match alla francese, che poteva così esagerare nelle esultanze arrivando addirittura a comunicare telefonicamente la propria gioia, impolitesse oblige, ad anonimo interlocutore poco prima della premiazione.

Faceva tenerezza, Camila, durante il protocollo di fine torneo. Delusa, imbarazzata, quasi spaventata; si vedeva, che il turbine di emozioni l'aveva scossa profondamente. Facile, forse troppo, dirle che in fondo questa sconfitta può rappresentare il punto di svolta della sua carriera. Speriamo, se non altro, che si possa parlare di strada giusta, e che l'avventura di Katowice non sia stata solo il frutto di una settimana di luna buona. Camila, con quel tennis, deve essere protagonista per davvero.


WTA KATOWICE (finale):

Alizé Cornet b. Camila Giorgi 7-6 (3) 5-7 7-5

Estasi Fognini, è semifinale.


Fogna, il ragazzo in cui da sempre, coinquilini ostili, abitano il talento puro e la bizza selvaggia. The real wild child, parafrasando Iggy Pop, ha trovato il modo di mettere d'accordo i due litiganti aspetti del suo spigolosissimo carattere. Non sappiamo per quanto, e pur sperando con ogni forza che la composizione delle controversie congenite di Fabio sia definitiva, non scommetterei un marengo sulla trasformazione del bad boy di Arma di Taggia nel proverbiale ragazzo d'oro. Ma è bene così, che la natura segua il proprio corso. E forse basta anche così, perché l'impresa di ieri, alla Mergellina, è una di quelle che rimarranno impresse a fuoco nella storia dello sport di casa nostra, piaccia o non piaccia. Fabio Fognini, neo numero tredici delle classifiche mondiali, rappresenta l'italianità come pochi altri sportivi al mondo; a livello fisionomico, certo, ma soprattutto per quella perversa ed autolesionistica tendenza dell'uomo italico, ed in particolare dell'atleta azzurro, a restare inerme a fronte degli schiaffi avversi, a farsi schiacciare contro il muro, salvo reagire da campione quando la situazione pare ormai compromessa, aggiungendo alle varie imprese sportive e non, oltre ad un certo qual surplus di drammaticità, un dispendio fisico e nervoso tanto micidiale quanto indispensabile nel creare un supremo contatto empatico tra atleta in campo e spettatore tremante in tribuna o sul divano. Fabio è questo ed altro. E' talento con tasso di purezza cristallino, fisicamente strepitoso, copre il campo come pochi e sulla terra battuta, se sta bene, se la testa non inizia a vagolare, se l'avversario smette di essere quello dall'altra parte della rete, prendendo di volta in volta le sembianze dell'arbitro, dei santi, del net, del raccattapalle, del pubblico, ecco, se la mente rimane lì, Fabio sul rosso parte battuto solo contro Nadal e Djokovic, e magari nemmeno sempre. 

Ieri la luna esibiva il proprio aspetto buono e non era scontato, sebbene il Fognini degli ultimi tempi migri sempre meno volentieri sul lato scuro concettualizzato dai Floyd. E dopo i primi due giorni del tie, la nazionale italiana non aveva l'acqua alla gola, di più: il mare sapido del meraviglioso golfo napoletano stava per entrare nel naso ed invadere le vie respiratorie di una spedizione ad un passo dal baratro, soprattutto dopo una sconfitta nel doppio che, dati per molto probabili i due punti in singolare che il campione olimpico Murray avrebbe quasi certamente consegnato alla selezione britannica, assomigliava moltissimo ad un punto di non ritorno. Prima ancora, un Fognini acciaccato alla zona costale sinistra, e di conseguenza in grave difficoltà nel movimento in torsione dal lato del rovescio, aveva portato il primo punto all'Italia vincendo in quattro, faticando per la verità un pò più di quanto aveva sperato, approfittando dell'enorme superiorità  nei confronti di James Ward, il lungagnone scelto da Leon Smith come secondo singolarista a discapito del ribelle Evans perché più affidabile, ma l'affidabilità del londinese non poteva produrre più di un set contro un numero uno azzurro pur a metà servizio. Nel secondo match, spezzato in due giorni a causa dell'oscurità in cui era piombata una programmazione in enorme ritardo per gli acquazzoni abbattutisi su Napoli durante la mattinata di venerdì, Andreas Seppi metteva in difficoltà Andy Murray fino all'ora di cena, sprecando anche quattro set point nel decimo gioco del secondo, ma non riusciva a ripetersi a colazione, finendo per perdere in tre piuttosto nettamente. Il doppio era l'ago della bilancia, dunque, o almeno così tutti pensavano, ma Bolelli-Fognini, la nostra coppia con potenzialità da Masters, perché questa è la voce che da un pò circola nell'ambiente, iniziava il vitale incontro con due set di ritardo, regalando un'ora e mezza ad Andy ed al suo scudiero Fleming, uno che, soprattutto se teleguidato da un campione, sa come ci si comporta sotto rete. La coppia emiliano-ligure abbozzava una reazione di nervi, vinceva il terzo ed inopinatamente si trovava, mezz'ora più tardi, a servire per portare la  partita al quinto, ma, esaurita di schianto la benzina, Simone e Fabio perdevano il servizio sul più bello, e alzavano bandiera bianca cinque minuti dopo, lasciando la Gran Bretagna in vantaggio per due a uno.

"Come finirà Murray - Fognini? Le scommesse sono aperte, ma siamo indecisi se scommettere sul tre a zero o sul tre a uno. Sai, l'italiano gioca in casa e un set potrebbe vincerlo". Questo il ragionamento dei media britannici, ieri mattina, prima dello scontro tra i due numeri uno. E invece. Fabio scendeva assonnato, del resto non gli piace giocare al mattino, si sa, e andava sotto tre a uno. L'inizio della fine? No, solo la fine, però quella di Murray. Sempre più incredulo, con la faccia sempre più stravolta, con i "fuck" pronunciati sempre più frequentemente ma in modo sempre meno convinto, il bi-campione slam franava sotto i colpi di un Fognini mai visto, che dominava lo spauracchio di Glasgow senza concedergli la minima occasione per rientrare, fino a portarsi la mano all'orecchio per sentire il boato di Napoli dopo il punto della partita. Il pronostico era a questo punto ribaltato, e toccava a Seppi portare l'Italia in semifinale. Gli veniva solo richiesto, in realtà, di trovare il modo di non farsi divorare dalla tensione per la paura di rovinare tutto contro un avversario nettamente inferiore ma senza nulla da perdere, con il rischio di trasformare un'impresa storica in uno psicodramma collettivo. Il buon Andreas dava così fondo alle proprie riserve di sangue freddo, bastandogli in tal modo rimanere concentrato e solido per aver ragione di un dimesso Ward, che sin dall'espressione del viso al momento di entrare in campo dimostrava di crederci persino meno dei suoi sfiduciatissimi connazionali assiepati sulle tribune.

E' semifinale, dunque, sedici anni dopo il trionfo di Milwaukee, premessa a quella finale al Forum contro la Svezia che ricordo come uno dei momenti più drammatici della mia vita di appassionato di sport. Stavolta, ad attenderci nei loro appartamenti, troveremo Federer e Wawrinka. Allo stato attuale, entrambi sono tra i primi quattro giocatori del mondo, e guidano la nazionale che vanta il maggior numero di possibilità di alzare l'insalatiera. Ci accoglieranno su una superficie velocissima, il che non è necessariamente una buona notizia, e partiranno con tutti i favori del pronostico. Ma le semifinali si giocano tra cinque mesi, di mezzo ci sono tre slam e tante cose possono cambiare. Se in meglio o in peggio lo scopriremo, ma portando a settembre le facce spiritate di questo storico weekend partenopeo, nessuna possibilità ci è preclusa.

COPPA DAVIS - WORLD GROUP - QUARTI DI FINALE:

ITALIA b. GRAN BRETAGNA 3-2

Fognini (Ita) b. Ward (Gbr) 6-4 2-6 6-4 6-1
Murray (Gbr) b. Seppi (Ita) 6-4 7-5 6-3

Fleming/Murray (Gbr) b. Bolelli/Fognini (Ita) 6-3 6-2 3-6 7-5

Fognini (Ita) b. Murray 6-3 6-3 6-4
Seppi (Ita) b. Ward (Gbr) 6-4 6-3 6-4